domenica 24 novembre 2013

Storie della Diaspora. Armeni meritevoli: Gerardo Orakian


Tratto dagli articoli di Mara Filippozzi  e Glauco Viazzi (pseudonimo di Jusik Achrafian) Gli Armeni in Italia,  De Luca Edizioni d’Arte, 1991.

Tra le varie figure d’intellettuali ed d’artisti armeni che operarono in Italia nel ’900, forse le figure maggiormente rimaste in ombra sono quelle di Hrand Nazariantz e Gerardo Orakian. Entrambi esuli da una patria distrutta, nel ricordo della quale, con  bruciante nostalgia, consumarono la loro esistenza, precludendosi un effettivo inserimento nella realtà sociale del paese che li aveva accolti.

Gerardo Orakian nacque a Costantinopoli nel 1901. Il padre era un medico facoltoso. Gerardo visse i suoi anni giovanili nella vivace Costantinopoli di inizio secolo seguendo dai banchi del prestigioso istituto “Gentronagan” l’incalzante susseguirsi di avvenimenti socio-politico-culturali che caratterizzarono l’allora capitale ottomana. La sua esuberanza e il suo impegno attivo lo portarono ad essere segnalato come “studente ribelle”. Prima di lasciare la terra che lo aveva “bandito”, vide prelevare di notte il padre dalla loro casa nella quale non tornò più. Partì per l’Italia nel 1920. Successivamente si trasferì a Parigi, dove ebbe l’opportunità di conoscere i rappresentanti delle maggiori espressioni figurative europee dell’epoca. Tornato a Roma nel 1925 si iscrisse all’Accademia delle Belle Arti. Intorno al 1930 strinse amicizia con i coniugi De Simoni, che divennero i suoi più affezionati amici e ferventi estimatori della sua arte. Privo di tutti i suoi beni, visse di stenti, in una povertà assoluta, appagato solo dalla sua opera che divenne l’unico suo motivo di esistenza. Con l’andare degli anni le sue condizioni di salute si aggravarono. Morì il 2 agosto del 1962 in una stanza dell’Ospedale di Santo Spirito. La salma dell’esule riposa al cimitero di San Lorenzo.

Scarse furono le occasioni che Orakian ebbe per farsi conoscere dalla critica ufficiale, sia per la mancanza di mezzi economici, che per la riluttanza a mostrare le proprie opere al pubblico. Si sa che tenne la sua prima personale nella galleria “Il Cortile” in via dei Prefetti 46 a Roma nel 1947. Quindi fu a Venezia nel 1950 dove espose 15 quadri alla Galleria “Sandri ” in Campo Manin. La mostra fu finanziata dal cugino del Cairo tramite i Padri Mechitaristi che anticiparono 17.000 lire e ospitarono il pittore che ricambiò restaurando un soffitto e lasciando loro in dono un quadro.
La collettiva a cui partecipò nel ’55 nella galleria “Il Gallo Rosso” fu introdotta da Mario Rivosecchi, critico e ordinario di Storia dell’Arte all’Accademia delle Belle Arti di Roma, che apprezzò  il tenace temperamento, la levatura artistica, lo stile e l’anti-conformismo  dell’uomo-artista. Orakian tenne la sua ultima esposizione personale dal 23 dicembre al 9 gennaio 1962 presso la galleria “La Cassapanca” in via del Babbuino 107, dove troviamo la proprietaria la scultrice Nwart Zarian Cimara che fissò anche in una “testina” i tratti dello stimato amico e compatriota pittore.

Salotto, 1950 tempera su carta, cm. 66x54
 Milano, coll. privata





















La nozze di Cana, 1960? olio su tavola, cm.60x71 
Milano coll. privata


Interno del bar, 1959 tempera su carta, cm.66x54
Milano, coll.privata






























































Orakian è stato un pittore contemporaneo nel vero senso della parola e ha partecipato in prima persona ai movimenti vitali della cultura figurativa del ‘900. La sua pittura che si avvicina molto al mondo pittorico di Arshile Gorky, pieno di emozioni e passioni, è uno sforzo totale di essere se stesso, una espressione perfetta della propria individualità.
Per una corretta lettura dell’opera di Orakian non si può prescindere dal carattere di armenità che la pervade e che riaffiora puntualmente sia nei temi che ripercorrono la tragedia degli Armeni, ora nei tratti somatici propri del suo popolo che il pittore proponeva stilizzati e stigmatizzati nei suoi “gruppi umani” o inseriva – quasi come un segno distintivo di riconoscimento - tra i volti popolari e “nostrani ” degli avventori delle osterie romane. Il capolavoro di Orakian è “Il Massacro”. Questo quadro non ha alcun riferimento storico in senso stretto, è una raffigurazione del massacro in assoluto. In questa creazione di grande valore artistico il pittore tocca la piena maturità delle sue esperienze metafisiche ed espressionistiche.

Purtroppo oggi in Italia non è possibile fare una conoscenza più approfondita delle opere di Orakian in quanto a parte un unico quadro esposto ai visitatori dell’Isola Armena di San Lazzaro a Venezia – esse fanno parte di collezioni private. La maggior parte della produzione orakiana si trova a Erevan, nell’attuale Repubblica di Armenia, al Museo Nazionale di Storia ed Arte e al Museo d’Arte Contemporanea, inviati in dono dall’Italia per espresso desiderio dell’artista alla sua morte. “Donate i miei quadri al mio popolo”, aveva detto agli amici questo impenitente armeno che trasfondendo la sua vita nell’opera, seppe così sublimare in arte il dramma di una misera esistenza.

martedì 19 novembre 2013

Invito a teatro

Dopo la prima rappresentazione nel 2009, al Festival della Drammaturgia italiana contemporanea “Schegge d’autore”,   ecco un’altra occasione per conoscere il testo teatrale di Raffaele Aufiero “Il colombo impaurito”, un toccante omaggio al giornalista turco di origine armena Hrant Dink

Sarà presentato durante la II edizione della rassegna teatrale MISF-ATTO UNICO a TeatroPetrolini (via Rubattino, 5 - Testaccio - Roma).

Così commenta il suo scritto Raffaele Aufiero, rifacendosi ai cartelli “IO SONO ARMENO, IO SONO HRANT DINK” apparsi a Istanbul durante il corteo di cittadini turchi, e non solo, che accompagnò i funerali di Hrant Dink:
“Io invece sono italiano e, in un cartello ideale, avrei voluto proclamare: IO SONO ITALIANO, IO SONO HRANT DINK, perché come scrittore e giornalista, come intellettuale calato nel mio tempo e completamente inserito nella storia, devo riconoscere che l’assassinio di un giornalista politicamente esposto (per la sua vocazione alla giustizia, alla comprensione, alla pacificazione, alla tolleranza) non è mail solo un crimine ad personam, ma un crimine contro l’umanità, cioè un crimine orrendo commesso contro tutti coloro che credono negli stessi valori che Dink ha propugnato e sostenuto fino al sacrificio”.