28 anni fa l’inferno inghiottì gli abitanti armeni, un terzo della popolazione della cittadina industriale Sumgait a 25 km dalla capitale azera Baku.
Nei tre giorni, dal 27 al 29 febbraio 1988, la "caccia all'armeno" provocò almeno 53 vittime, molte delle quali furono arse vive dopo sevizie, torture e violenze, e poi centinaia di feriti rimasti per sempre invalidi, fanciulle e donne stuprate, 18.000 profughi, più di 200 abitazioni saccheggiate e distrutte.
Il pogrom era la risposta delle autorità dell’Azerbaigian all’espressione pacifica e democratica della popolazione armena del Nagorno Karabakh (enclave armena dell’ex repubblica sovietica azera) della sua volontà di riunificazione con l’Armenia sovietica. Bloccare una possibile soluzione del problema, intimorire con l’eventualità di nuove azioni violente, costringendo gli armeni a rinunciare alle loro richieste, era lo scopo del crimine.
Colpiscono le dimensioni e l’impunità, la crudeltà e il cinismo con i quali fu perpetrato.
Per un approfondimento storico vi segnaliamo il volume
La tragedia di Sumgait. 1988. Un pogrom di armeni nell'Unione Sovietica (2013, pag. 208, Edizione: Guerini e Associati).