LA FORMAZIONE DELLA GRANDE DIASPORA
Le peculiarità della nazione armena si
manifestano sotto svariati aspetti: la lingua (lingua originale di un gruppo di lingue all’interno del ceppo indoeuropeo,
con due forme standardizzate: orientale e occidentale);
l’alfabeto (un proprio alfabeto di 39 lettere, che nei secoli passati è stato
anche usato dagli armeni quale sistema numerico); la Chiesa (Armena
Apostolica). L’altro aspetto è la Diaspora Armena. Gli armeni, così come gli
ebrei, rappresentano un raro esempio di nazione, la cui maggioranza della
popolazione vive al di fuori della propria patria.
Il numero totale degli armeni residenti in
Armenia, secondo dati dell’ONU, si aggira intorno ai 3 milioni, laddove si
stima che il numero di coloro che ne vivono al di fuori, secondo diverse fonti,
si aggiri intorno ai 6-7 milioni, mentre la Diaspora ebrea è composta da
oltre 7 milioni di persone. Le più
grandi diaspore al mondo sono quella cinese e indiana, ma in ogni caso tali
popolazioni non eccedono mai quelle delle loro rispettive nazioni, come invece
nei due casi sopra menzionati..
Oggi le più grandi comunità armene si
trovano in Russia (2,25 milioni), USA (1,5 milioni) e Francia (intorno ai
450.000). Altre importanti comunità si trovano in Georgia, Argentina, Libano,
Iran, Polonia, Ucraina, Germania, Australia, Brasile e Canada. Un’altra comunità
molto importante esisteva in Siria, ma dopo i recenti avvenimenti la maggior
parte degli armeni sono scappati dal paese, molti dei quali si sono rifugiati
in Armenia.
Le comunità al di fuori dell’Armenia sono
esistite per secoli, espandendosi da Singapore a Venezia e da Isfahan ad
Amsterdam. Queste comunità erano attivamente impegnate nel commercio, da una
parte contribuendo ampiamente all’economia e, dall’altra, mantenendo la propria
identità, con la mobilitazione politica e il trasferimento di conoscenze. Molte
importanti comunità esistevano in Italia, Polonia, India, Egitto, ecc. Le
invasioni del passato e l’occupazione dell’Armenia da parte di stranieri nonché
l’instabile situazione politica, la divisione dell’Armenia tra la Turchia e la
Persia (successivamente tra la Turchia e la Russia), hanno complessivamente
contribuito a ciò che molti armeni lasciassero la loro patria e creassero piccole
comunità all’estero. Durante il Medio Evo e fino al XVIII° secolo queste
comunità giocarono un ruolo attivo nei commerci internazionali. Tanto da essere
considerati dei concorrenti dai colonizzatori britannici che cercarono con ogni
mezzo di eliminarli dal mercato. A causa di questa politica, la rete asiatica
degli armeni e specialmente quella africana, venne pesantemente danneggiata. La
posizione geografica dell’Armenia, che
connette l’Europa all’Asia, il nord al sud e attraverso cui passavano
importanti rotte commerciali, decisive per il loro sviluppo, si dimostrò fatale
per l’instabilità politica con le costanti conquiste da parte di stranieri e le
continue lotte per la libertà.
Nonostante ci siano state per così tanto
tempo colonie all’estero, la formazione della Diaspora, la “diasporizzazione”
della nazione, di fatto, è stata il risultato dello sterminio delle masse di armeni da
parte dei turchi (1915-1916). In questo contesto la Diaspora armena viene
spesso considerata una “Diaspora vittima” che condivide caratteristiche comuni
con quella degli ebrei e degli africani.
Comunque per quanto riguarda il caso di quella ebrea, sussistono molte
importanti differenze. La Diaspora ebrea esisteva già da 2000 anni quando si
verificò l’olocausto, mentre una consistente Diaspora armena compare per la
prima volta dopo i massacri del tardo XIX° secolo e soprattutto durante la prima guerra mondiale. Gli armeni erano una popolazione indigena
là dove vivevano, nel nord dell’Anatolia, mentre gli ebrei erano una minoranza in Germania. I
nazisti consideravano gli ebrei inferiori per razza, mentre gli armeni erano
accusati di elitarismo dai Giovani Turchi, essendo relativamente ricchi e
grandi lavoratori. La Germania nazista si trovava in uno stadio avanzato di
modernizzazione, mentre l’impero ottomano era meno progredito. Avendo perso
molta parte dell’impero ottomano, i turchi erano anche spaventati di perdere le
regioni armene. Di conseguenza iniziarono le
deportazioni di massa e l’uccisione degli armeni. Si stima che dal 1915 al 1922
circa 1 milione e mezzo di armeni furono uccisi o morirono di stenti. Mentre i
turchi, a tutt’oggi, rifiutano di chiamare quei tragici avvenimenti
“genocidio”. Abbastanza ironicamente è quello che fa anche lo stato di Israele,
la cui gente ha patito analoghe calamità solo qualche decennio dopo.
I sopravvissuti fuggirono verso le località
più vicine: Aleppo, e poi da lì verso altre città della Siria, verso il Libano,
l’Iraq, l’Iran, la Palestina e l’Egitto. Alcune colonie erano già state fondate; ampliarono
queste e ne crearono anche di nuove.
Tuttavia non tutto si dimostrò così
semplice. Così dicono gli armeni: “La nostra è una storia di trasferimento,
ricostruzione e ancora trasferimento”. In effetti alcuni di loro faranno più di
un tentativo per trovare una casa stabile. Molti armeni che risiedono in Europa
e in Nord America oggi sono emigrati dalla Siria, dal Libano, dall’Egitto, Iraq
e Iran, e a causa dell’instabile situazione politica, il nazionalismo e la
violenza sono stati costretti a cercare un nuovo rifugio.
Quello che è rimasto dopo il Genocidio e la
formazione dell’Armenia Sovietica nel 1922, era un decimo della Grande Armenia
di un tempo, un piccolo, montagnoso e devastato territorio pieno di orfani e di
rifugiati. Inoltre, la pressione esercitata dalla Russia comunista, obbligò nuove ondate di armeni a
lasciare il paese per il Nord America e l’Europa.
Il periodo tra le due guerre (1920-1945) è
connotato da una ricostruzione “parallela”. Mentre l’Armenia Sovietica stava
ridando forma alla sua struttura socio-economica secondo i principi sovietici,
gli armeni sparsi per il mondo si stavano adattando ai loro paesi ospitanti. I
sopravvissuti del Genocidio erano profondamente confusi sia psicologicamente
che economicamente. La grande prova che dovettero affrontare riguardò la lingua
del paese dove arrivarono, il trovare un lavoro e l’integrarsi in un nuovo
mondo e in una nuova realtà. Ci vollero decenni per raddrizzarsi e mantenere la
stabilità raggiunta. Alla fine si organizzarono creando scuole, centri
culturali, chiese ed imprese economiche. Non solo la lingua armena è stata
mantenuta ma si è anche consolidata attraverso l’insegnamento e i mezzi di
comunicazione.
Inizialmente, molti sopravvissuti al
genocidio fecero gli agricoltori; in Medio Oriente si distinsero nella
fotografia e in altre professioni tecniche moderne. Negli Stati Uniti erano
conosciuti come commercianti di tappeti in quanto emergevano nel commercio dei
tappeti orientali. La seconda generazione era impegnata in occupazioni
dirigenziali mentre la terza generazione di armeni ed immigrati, dopo la
seconda guerra mondiale, diventano professionisti e uomini d’affari.
Molti armeni della Diaspora ottennero
notevoli successi nel paese ospitante contribuendo sia in campo artistico, che
alla vita sociale ed economica. Oggi si possono trovare in tutte le arti e
professioni. Alcuni dei più prestigiosi rappresentanti della diaspora sono: in
Francia Charles Aznavour, Henri Verneuil, Eduard Balladur (ex primo ministro),
Patrick Fiori; in Russia Arno Babajanian, Ivan Isakov, Gary Kasparov; negli
USA, William Saroyan, Arshil Gorky, George Deukmejian (governatore della
California dal 1983 al 1991). In Francia li troviamo nelle arti e negli sport,
in USA nelle imprese e nelle scienze; in Turchia nella linguistica e in
architettura. (Nel 2010
una mostra dal titolo “Architetti armeni di Istanbul nell’era
dell’occidentalizzazione” fu inaugurata ad Istanbul con l’esposizione delle
foto di 100 edifici costruiti da 40 architetti armeni che vissero in quella
città tra la fine del XIX° secolo e l’inizio del XX°).
Molti armeni della Diaspora hanno cambiato
il loro cognome, in parte perché questi tendono ad essere troppo lunghi e se ne
può facilmente sbagliare l’ortografia o la pronuncia e in parte perché è più
facile ottenere promozioni con un cognome che suoni più locale.
Il popolo armeno non è solo sopravvissuto
ad un incubo e al dover far fronte alle difficoltà; ma si è strutturato per
diventare una delle diaspore più vivaci e più importanti del mondo. Si sono
adattati alle circostanze senza “sottomettersi all’assimilazione”, creando
diverse organizzazioni benefiche, culturali e politiche. Nel suo articolo “Cosa
significa essere [i]armeno”,
Dafina Boshnakova scrive: “La loro
solidarietà è talmente popolare che i bulgari hanno cominciato a scherzare sul
fatto che tutto quello che serve è mettere insieme tre armeni e loro
costruiranno subito una chiesa, fonderanno una scuola e inizieranno a
pubblicare un giornale”. La Diaspora armena ha giocato un ruolo veramente
importante nella crociata del riconoscimento del genocidio armeno proprio
perché è a causa di questo tragico evento che gli armeni hanno
perso la loro patria e sono stati costretti a sparpagliarsi per il mondo.
Durante il periodo sovietico, i contatti
della Diaspora con l’Armenia erano limitati. Ciò nonostante negli anni
1945-1947 circa 100.000 armeni, molti dei quali sopravvissuti al genocidio,
rimpatriarono nell’Armenia sovietica.
Il ruolo della Diaspora è stato notevole
nell’avviare in Armenia molte attività umanitarie e di ricostruzione. Dopo il
disastroso terremoto del 1988, che non lasciò in piedi praticamente nessuna
pietra nel nord dell’Armenia sovietica, la Diaspora è stata tra i primi a reagire con aiuti umanitari
ed economici.
Nel 2010 in un’intervista fatta durante il
Karot Cultural Festival (Festival della Nostalgia), il famoso attore francese
Gérard Depardieu fece notare, con sorpresa, che lui conosceva la quarta
generazione di armeni in Francia che ancora parlavano la loro lingua. Egli ha
percepito questo fatto come “un continuare a vivere nell’ombra degli antenati”. Una
volta un armeno siriano interpretò il fenomeno della preservazione della lingua
e dell’identità nazionale con il concetto che “la gente là fuori nella Diaspora
adora l’Armenia”. L’amore e la nostalgia vengono tramandati dalle vecchie
generazioni a quelle giovani. La nostalgia non riguarda tanto la Repubblica, il
territorio che rimane della vasta Armenia storica, ma le terre di cui hanno
sentito parlare così tanto nella loro prima giovinezza, le città dalle quali i
loro antenati sono fuggiti: Van, Mush, Erzerum, Sasun, Ardahan. In ogni caso
vengono organizzati pellegrinaggi sia nell’attuale Turchia orientale che nella
Repubblica d’Armenia.
Oggi per gli armeni della diaspora esistono
vari programmi di stage e di volontariato, finalizzati a rafforzare i legami
con la patria. Vengono organizzati festival e rassegne culturali per avvicinare
gli armeni dell’Armenia e della Diaspora. Così per esempio, il Ministero della
Diaspora ha creato e promosso il programma Արի տուն (Vieni a
casa) con l’intento di preservare i rapporti con i giovani armeni che vivono
all’estero. E’ evidente che la maggior parte degli armeni si sente comunque a
casa nel paese ospitante; di conseguenza stupisce ancora di più che quelli di
quarta generazione sentano di essere profondamente legati sia alla propria
identità nazionale che all’Armenia, che molti di loro non hanno neanche visto.
[i] Nel
2010 una mostra dal titolo “Architetti armeni di Istanbul nell’era
dell’occidentalizzazione” fu inaugurata ad Istanbul con l’esposizione delle
foto di 100 edifici costruiti da 40 architetti armeni che vissero in quella
città tra la fine del XIX° secolo e l’inizio del XX°.
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