25 anni fa nella sanguinosa tragedia di Sumgait in tre giorni si sono concentrati tutti i crimini e sofferenze che la mente umana potesse concepire.
L’inferno che inghiottì gli abitanti armeni, un terzo della popolazione di questa cittadina industriale a 25 km dalla capitale azera Baku dal 27 al 29 febbraio 1988, costò vita ad almeno 53 persone, molte delle quali furono arse vive dopo sevizie, torture e violenze, e poi centinaia di feriti rimasti per sempre invalidi, fanciulle e donne stuprate, 18.000 di profughi, più di 200 abitazioni saccheggiate e distrutte.
Il pogrom era una risposta delle autorità dell’Azerbaigian all’espressione pacifica e democratica della popolazione armena del Nagorno Karabagh (enclave armena dell’ex repubblica sovietica azera) della sua volontà per la riunificazione con l’Armenia sovietica. Bloccare una possibile soluzione del problema, intimorire con l’eventualità di nuove azioni violente costringendo gli armeni a rinunciare alla loro volontà di autodeterminazione nazionale, questo era lo scopo del crimine.
Colpiscono le dimensioni e l’impunità, la crudeltà e il cinismo con i quali fu perpetrato.
Vi segnaliamo anche il volume di Samuel Shahmuradian,
La tragedia di Sumgait. 1988. Un pogrom di armeni nell'Unione Sovietica,
che Le Edizioni Angelo Guerini e Associati di Milano propongono per la prima volta in italiano.
Vedete il video denuncia.
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