mercoledì 15 febbraio 2012

Il nuovo film di Özcan Alper


Un film del regista turco Özcan Alper  The Future Lasts Forever (titolo originale Gelecek Uzun Surer). - Turchia, Francia, Germania 2011 che ha già ottenuto numerosi premi ai vari festival cinematografici in Turchia, concorre alla 19° edizione del Vesoul International Film Festival of Asian Cinema (Francia, 14-21 febbraio).  
La scheda del film ci rivela che i dialoghi sono in 3 lingue: turco, curdo, armeno. 
Ma che nesso ha con gli armeni questa storia la cui protagonista di nome Sumru, è una giovane turca esperta di musica etnica, che parte alla ricerca del fidanzato curdo, partito per unirsi alla lotta del suo popolo? Armata di registratore, Sumru raccoglie le testimonianze delle vittime curde sulle atrocità turche: a parlare sono per lo più donne i cui mariti e figli sono stati assassinati davanti ai loro occhi. Alla sua prima tappa incontra Alper, un uomo che condivide i suoi stessi interessi, e il tempo che trascorrono insieme fa sì che tra i due nasca qualcosa di speciale, continuando insieme il viaggio tra la bellezza della natura e l'orrore degli atti di cui raccolgono le testimonianze. 
Ma c’è anche l'incontro con Antranig, l'anziano custode della chiesa armena in rovine di Surb Kirakos di Diyarbakir (nome armenoTigranakert). In una delle scene Antranig dice a  Sumru in turco: “tu asomigli alle nostre ragazze”. E’ qui il colpo di scena: il regista fa che Antranig chieda in armeno “Hayeren gidess?”(Conosci l'armeno?) e Sumru risponda in perfetto armeno che lei è una cripto-armena turca. 
Così Özcan Alper fa trapelare magistralmente una realtà  complessa finora celata. 
Le stragi dei kurdi nell'Anatolia di oggi revocano il genocidio degli armeni, i primi nativi di queste terre... 
Antranig, all’inizio riluttante, al terzo incontro con Sumru le  fa sentire la registrazione della voce di sua madre che canta una triste elegia anatolica. E mentre la pioggia  cade pesante come le lacrime delle madri armene e curde che piangono la morte dei loro figli, egli rivela in armeno che sua madre è vittima dei giard (nei sottotitoli in inglese viene tradotto con genocide). La traduzione in turco sarebbe soykιrιm, la parola più temuta e odiata del moderno vocabolario turco.
Una ninna nanna armena accompagnata dal saz, liuto dal manico lungo, (musica di Khatchatur Avetissian ) e cantata dal Coro della Musica da Camera di Radio Yerevan rende gli ultimi cinque minuti del film indimenticabili.


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