martedì 26 marzo 2013

Storie della diaspora. Armeni meritevoli: Herman Vahramian

È con vero piacere ed orgoglio che questa volta portiamo il ricordo di un grande armeno nato in Iran da genitori armeni, ma che ha poi deciso di vivere in Italia, diventando anche cittadino italiano.

Il giornalista Franco Manzoni lo descrive così «Umile, provocatorio, accogliente, gentile, ironico, incapace di cedere a compromessi, poliedrico artista, architetto, pittore, scultore, grafico di geniale talento, creatore di eventi, testi e iniziative per valorizzare e riscoprire oggi i diversi aspetti della millenaria cultura del suo popolo d’origine» («Corriere della Sera», 1° dicembre 2009).

Herman Vahramian nasce a Teheran il 29 novembre 1939. Tra il 1953 e il 1956 compie i primi studi di pittura con il maestro Bazil, rinomato ritrattista di formazione accademica occidentale. Nei successivi quattro anni, contemporaneamente al liceo, frequenta corsi di design industriale e giornalismo, nei quali si diploma rispettivamente nel ’58 e ’60. Conseguito il diploma liceale, nel 1960 si trasferisce in Italia.
In seguito torna in Iran temporaneamente, ma nel 1965 si stabilisce definitivamente a Roma, iscrivendosi alla facoltà di Architettura. Nel frattempo lavora come ricercatore d’arte mediorientale presso la facoltà di Architettura del Politecnico di Milano e inizia a frequentare colleghi iraniani e armeni. Si laurea a Milano nel 1972.
Collabora con i primi divulgatori dell’architettura armena: Geza De Francovich, Fernanda de’ Maffei, Tommaso Breccia Fratocchi, Enrico Costa, Paolo Cuneo. Con alcuni di loro fonda al Politecnico il Centro di Studi Caucasici, Sezione di Armenologia.
Nel 1976 inizia a sviluppare il Centro di Studi Armeni con documenti, fotografie, bibliografie. Nel 1977 fonda a Milano l’I/COM, Istituto per la Ricerca delle culture non dominanti, che rimarrà forse la sua esperienza più significativa, nel corso della quale organizzerà, a Milano e a Parigi, importanti e innovativi convegni e seminari. Nel 1981, a Monaco di Baviera, crea con Ludwig Bazil, compositore e violoncellista di origine armena, l’Istituto MUSICAM, rivolto alla diffusione delle musiche non dominanti.
Herman con  Chiara Negri e Ludwig Basil  a Venezia
Sempre a Milano, insieme a Agopik e Setrag Manoukian, fonda nel 1985 la OEMME Edizioni, che pubblicherà un gran numero di testi dedicati all’immenso e trascurato patrimonio architettonico armeno, oltre agli atti dei seminari I/COM e a prestigiosi volumi fotografici.
Dai primi anni Novanta intensifica l’attività di scrittura giornalistica (principalmente su «Avvenire») e quella di disegnatore satirico («Il Manifesto», «Nigrizia»).
Nel 1992 l’editore Tranchida pubblica il volume Diaspora della mente. Conversazioni con Herman Vahramian di Ornella Rota, Agopik Manoukian e Andrea Beolchi. Nel 2002 le edizioni Medusa danno alle stampe Il “pensiero nano” al tempo della globalizzazione.
Si spegne il 26 settembre 2009 dopo lunga malattia a Milano, dove lascia la moglie Chiara e Pietro, il figlio adorato.
                                                            (Chiara Negri Vahramian)

Così, invece arch. Vahè Vartanian ricorda la storia con l’amico Herman che ebbe inizio a Roma negli anni Sessanta.

Herman fece ritorno a Roma con un’ottima conoscenza della lingua italiana e dell’architettura. Sugli altri studenti aveva grandi vantaggi, soprattutto per la sua capacità di esprimersi sulla carta; le sue doti gli avevano aperto ampie possibilità presso gli studi professionali dei professori e degli assistenti. Fondamentale era il rapporto con Paolo Cuneo (all’epoca assistente), con lui e con molti altri entrò a far parte di un gruppo di accademici che misero a punto la prima esposizione di architettura medioevale armena a Palazzo Venezia. L’imponente catalogo uscì per i tipi di De Luca nel 1968; in seguito furono pubblicati altri due preziosi volumi sempre dedicati all’architettura medioevale armena.
Dapprima Herman alloggiava dagli amici iraniani di Ponte Milvio, Jamshid Banan, Reza, Daryush Radpour, Daryush Zamani e Sasan. In seguito si trasferì a casa mia, dove abitavano anche Francesco Capponi, Fereydun Zavosh, Behzad Nahjur e Parviz Hatamzadeh, oggi tutti assai noti in Iran e negli Stati Uniti.
Tra gli amici armeni che frequentavamo c’erano i fratelli Bernardi, Teodoro e Gabriele (nonostante il cognome italiano, possedevano legami e parentele iraniane), Haik Panossian (oriundo di Bagdad, ora a Londra), il pittore Alfonso Avanessian, di Tehran, Rita Cimara Zarian e Giorgio Momjian, libanese.  
Più tardi Herman si trasferì a Milano, dove anni in seguito si laureò presso il Politecnico e sviluppò altre prospettive artistiche e culturali, con la ricorrente presenza dei fratelli Manoukian, Armen – pure lui architetto – ed Agop.
Sempre assai impegnato sia sul versante sociale che su quello artistico, frutto della sua attività furono numerose pubblicazioni in più lingue con altri accademici o/e armeni noti alla nostra comunità. Insieme al professor Adriano Alpago Novello essi hanno portato avanti la catena di congiunzione tra Armenia ed Iran, passando per Roma e giungendo fino a Milano. Tutto questo lavoro è oggi archiviato sotto la sigla dell’OEMME Edizioni presso il Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena (CSDCA) di Venezia. Le personalità dei pionieri che vi presero parte e seppero esportare nel mondo la cultura armena hanno un grande peso nella breve e prestigiosa storia della diaspora italiana e non devono essere dimenticate, così come lo studio dei materiali e i rilievi di assoluta precisione e qualità, frutto della collaborazione con le università armene e con noti studiosi e architetti delle Facoltà di Architettura di Yerevan, di Teheran, di Roma e di Milano. Herman e i fratelli Manoukian rappresentano altrettanti essenziali anelli di un medesimo percorso. 
                                                                                           (Vahè Vartanian)

1 commento:

  1. Speriamo di poter trovare un racconto su Ludwig Bail, per poter completare i meritevoli che hanno lasciato un tracciato per la cultura Iraniana e armena, da veri pensatori e non solo come artisti o artigiani; Vahè

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